
Ora o mai più: il 12 settembre, alla plenaria di Strasburgo, il Parlamento europeo è di nuovo e definitivamente chiamato ad esprimersi sulla legge che dovrebbe portare ad una riforma del diritto d’autore. In realtà dietro il tema del copyright c’è molto di più, ma lo è stato spiegato poco e male. Vediamo di fare chiarezza. Il diritto d’autore è naturalmente il problema centrale: si discute cioè delle garanzie e dei compensi che spettano a chi produce contenuti. Giornalisti ed editori primi tra tutti. Esattamente come avviene con la musica o con i film distribuiti sul web. Ma dietro questo pur fondamentale tema c’è ben altro. Tutelare chi produce contenuti significa garantire un futuro alla stampa indipendente, il che, in ultima istanza significa garantire la democrazia. Il tema delle fake news, il tema delle influenze indebite che nelle ultime campagne elettorali anno riguardato molti paesi, Italia compresa, il tema più banale ma diffusissimo della cattiva informazione che circola on line, sono tutti argomenti che vanno sotto la tutela del diritto d’autore. A leggerla così dovrebbe sembrare evidente a chiunque che istituire un apparato normativo che tuteli il copyright e quindi la buona informazione sia una esigenza ineliminabile. Ed invece, come sappiamo, il parlamento europeo nel voto dello scorso 5 luglio si è espresso negativamente. Le ragioni di tale inspiegabile bocciatura sono da rivenire nel legittimo quanto improvvido intervento delle lobby dei grandi operatori del web, Google e Facebook su tutti, che nel giro di poche settimane sono riuscite ad orientare a loro favore il voto della maggioranza degli eurodeputati. Il perché di tanto attivismo è evidente: se dovesse passare la legge per il diritto d’autore a loro costerebbe una fortuna mentre oggi guadagnano con la pubblicita’ grazie a contenuti per i quali non pagano. Il rischio fortissimo è che tale pressione lobbistica abbia di nuovo successo. Due giorni fa sì è appresso che la maggior parte degli studi legali internazionali che si occupano di questa materia sono indisponibili verso terzi soggetti proprio perché già assoldati dai giganti del web. Il che lascia ben capire quali siano gli interessi in gioco e le forze in campo. C’è ora da sperare che la parte più ragionevole degli eurodeputati abbia compreso che se di nuovo venisse bocciata la normativa a favore della tutela del diritto d’autore ciò avrebbe una grave ripercussione sull’opinione pubblica. E’ evidente infatti che la “maggioranza silenziosa” degli utenti del web biasima l’utilizzo delle false notizie e, più in generale, paga sulla propria pelle il clima legislativo da far west che domina l’informazione on-line. Ma è altrettanto vero che questa moltitudine di “users” non ha capacità di rappresentanza e quindi in un confronto con le lobby è destinata a soccombere. C’è dunque da augurarsi che la politica faccia la sua parte e si adoperi per dare vita ad una legge che tuteli i produttori di contenuti e con essi i cittadini. E’ infatti molto piu’ facile influenzare le informazioni di due-tre piattaforme web che centinaia di giornali indipendenti, come ha dimostrato anche l’elezione di Donald Trump negli USA. Anche perché affossare la legge e regalare di nuovo la vittoria alle lobby darebbe in qualche modo ragione a quanti sostengono che, come è avvenuto per le questioni fiscali, l’europarlamento è in mano a Google e Facebook. Una recente inchiesta di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera, numeri alla mano, metteva proprio in luce gli enormi vantaggi fiscali che i protagonisti internazionali del web hanno avuto dalla blandissima politica tributaria applicata fin qui dalla comunità europea. Gli editori in questi ultimi giorni si sono finalmente mossi, sia a livello nazionale che continentale, inviando documenti formali in parlamento. Ma il rischio di una seconda bocciatura rimane altissimo. Anche dal diritto d’autore vedremo se questo parlamento è veramente in grado di rappresentare i suoi cittadini o meno.
(Red / Giut)